L’aroma che sentite oggi nella mia bottega è quello di un grande classico dell'arte casearia, il formaggio pecorino. Il suo sapore è inconfondibile, e proprio come per le ciliegie, una fetta tira l’altra. Non è difficile capire come mai si continui a produrre in tutta Italia, dopo duemila anni storia! Proprio così, è stato il compagno fedele dei soldati legionari, che ogni giorno potevano mangiarne non più di 27 grammi, e cibo “santo”, immancabile nella bisaccia del pellegrino in viaggio verso Roma. Il pecorino è un protagonista della nostra storia e tradizione, a tal punto che la Comunità Europea oggi tutela ben otto diverse varietà del saporito formaggio ovino.

Tra tutte, tre detengono il primato di notorietà, in Italia e all’estero: il pecorino sardo, quello romano, e il pecorino toscano. Qualunque sia la sua denominazione, questo prodotto caseario possiede un sapore inconfondibile e amato in tutto il mondo, utilizzato sia per condire – come in un piatto di maccheroni cacio e pepe - sia come prelibatezza da gustare a sé.

Pecorino toscano: le origini

Già nell’antica Roma, Virgilio e Plinio il Vecchio si sono impegnati a descrivere con cura i metodi di preparazione del formaggio pecorino, alimento quotidiano di gran parte della popolazione, conosciuto e largamente consumato ancor prima dagli Etruschi, e presso la civiltà Nuragica della Sardegna.

La nascita di questo gustosissimo prodotto è dovuta, in ogni regione, dalla medesima motivazione: conservare il più a lungo possibile il latte ovino, di facile deperibilità. In tutti i luoghi vocati alla realizzazione del pecorino, il processo produttivo è molto simile, ma variano la qualità del latte, il tipo di caglio utilizzato, gli aromi conferiti e il tempo di stagionatura delle forme .

È tuttavia importante precisare che la denominazione “geografica” non sta ad indicare la provenienza reale del formaggio, ma la modalità di produzione. Il pecorino romano, ad esempio, è prodotto per la maggior parte in Sardegna, così come il pecorino toscano può essere prodotto anche nel Lazio.

Romano, toscano, sardo: le differenze

Le differenze dei vari procedimenti portano a gusti e consistenze differenti. In particolare, il pecorino romano, per via della sua salatura e della stagionatura più lunga ha un sapore nettamente più intenso delle altre varianti, il che lo rende ottimo come formaggio grattugiato; quello toscano, la cui produzione più famosa è quella del pecorino di Pienza, prevede invece una stagionatura in barrique, che conferisce al formaggio aromi delicati di fieno e di erba verde.

Tra tutti è il pecorino sardo ad avere un disciplinare di produzione più dettagliato. Esso può essere prodotto soltanto in Sardegna e utilizzando soltanto latte proveniente da pecore autoctone. Si differenzia dal pecorino romano per una stagionatura più breve, che conferisce un sapore più dolce, e dalla pressatura del formaggio, per far filtrare il siero. Inoltre la colorazione della crosta, può variare dal bianco della stagionatura più breve, definita primosale, al giallo intenso e pieno del pecorino più stagionato, senza contare le variazioni cromatiche date dall’aggiunta di pomodori, cenere, olio o spezie come pepe e peperoncino.

Il re della tavola

Più ricco di grassi rispetto al latte vaccino, il pecorino è un formaggio che può essere utilizzato come secondo piatto, in alternativa alla carne per variare la propria alimentazione: senza eccedere con le quantità, se ne può consumare anche due volte a settimana. Inoltre, grazie all’allevamento al pascolo degli ovini, è un formaggio ricco di sostanze nutrienti e favorevoli all’organismo, come sali minerali, e vitamine (in particolar modo A e B2).

Inoltre, più è lunga la stagionatura, minore è la quantità di lattosio e, di conseguenza, maggiore la sua digeribilità: per questo motivo il formaggio pecorino, se stagionato oltre 36 mesi, è adatto agli intolleranti al lattosio.

Ma quali sono i modi più ghiotti per gustare questo formaggio saporito e antichissimo? Le ricette a base di pecorino sono decine e decine. Le più celebri, senza dubbio, quelle che lo utilizzano come condimento grattugiato: i bucatini all’amatriciana, la pasta alla carbonara, o i maccheroni all’ariccia. Spostandoci in Sardegna si trova, tra i vari utilizzi, come farcitura delle seadas, dolci simili a dei panzerotti, a base di pecorino e miele.

Ogni regione ha le sue ricette tipiche, tutte saporitissime, e da accompagnare con dei vini corposi e sapidi: io vi consiglio caldamente di provare con uno Chardonnay o, se preferite il rosso, un bel Chianti Classico o un Morellino di Scansano.

Ma c’è un modo che personalmente consiglio, in particolar modo quando non si ha voglia o tempo di cucinare. Per una pasto semplice in grado si soddisfare il palato e rinfrancare lo spirito, il mio consiglio personale è di preparare su un tagliere del pane toscano, qualche fetta di pecorino stagionato, e una scodella di fave crude. Accanto al tagliere, un bicchiere di vino, e buon appetito!