Al Carnevale si continuano ad attribuire origini dal profondo significato antropologico e religioso che risalirebbero addirittura all’antica Roma, quando i festeggiamenti servivano a ricacciare nell’aldilà gli dei meno propizi alla coltivazione dei campi. Si diceva infatti che verso la fine di dicembre fossero giunti dagli inferi per trascorrere sulla terra il periodo invernale, per cui adesso si trattava di convincerli a tornarsene soddisfatti a casa loro per favorire l’inizio della primavera. È proprio così, e con una lunga sedimentazione di tradizioni culinarie nei secoli, che sarebbero potute nascere le castagnole di carnevale, le frappe e tutti gli altri deliziosi dolciumi che rendono quello di febbraio uno dei mesi più golosi dell’anno.

Il martedì opportunamente grasso

In tutta Italia i dolci di carnevale hanno una caratteristica comune, dai grostoi delle Alpi alla pignolata siciliana: sono fatti di pasta fritta. Se ne producono e consumano circa 12 milioni di chili all’anno secondo la Coldiretti, senza badare alle calorie, perché appena gli dei se ne saranno andati comincerà la quaresima.

È molto probabile infatti che l’abbondanza calorica di chiacchiere, struffoli, frappe e frittelle – pur custodendo una traccia del mito – abbia avuto più concretamente a che fare con l’esigenza di consumare degli ingredienti non conservabili come le uova o il burro entro la sera del martedì grasso.

Una festa del palato degna di Plutone o Saturno, insomma, che preludeva a quaranta giorni di digiuno, durante i quali i prodotti del lavoro avrebbero corso il rischio di venir buttati oppure di complicare l’osservanza dei precetti che sarebbero entrati in vigore a partire dal giorno dopo, mercoledì delle ceneri.

Dolci in maschera

Ma il Carnevale è anche la festa dei carri allegorici e delle maschere, dello sberleffo al potere e del travestimento. L’alto e il basso si confondono, il ciabattino diventa diplomatico e la moglie del conte una servetta. Come recita il proverbio: «A carnevale ogni scherzo vale», anche quello che si muove nella direzione socialmente inconsueta dell’irriverenza. Che poi tutto questo obbedisse allo scopo di rinsaldare l’ordine costituito non è un mistero, ma ciò non toglie che a imporsi nella tradizione saranno i dolci più popolari.

I nastri e le palline di pasta, le ciambelle, i tortelli, sono tutte variazioni sul tema di tre o quattro ingredienti molto comuni e fondamentali: la farina, le uova e l’olio. A volte compaiono il miele e l’uvetta, a volte la crema pasticcera, la ricotta o il cioccolato, in Campania c’è pure il sangue di maiale, ma a farla da padrona in tutte le specialità regionali è un impasto povero, perlopiù nobilitato dallo zucchero a velo.

Le castagnole di carnevale

Forse l’esempio più tipico di questa straordinaria mescolanza di calorie, storie e semplicità sono le castagnole di carnevale, dal momento che seducono gli dei e introducono alla quaresima di Emilia Romagna, Liguria, Marche, Lazio, Umbria, Lombardia, Abruzzo e Veneto. Sono gnocchetti fatti con la farina, le uova e il burro, vengono fritti e poi ricoperti dallo zucchero a velo. Ne esistono numerose varianti, da quelle ripiene di crema a quelle con il cioccolato. Nella dispensa di Qooking è possibile scegliere tra le castagnole all’alkermes e le castagnole al rhum: due modi di essere golosi in occasione della festa più divertente dell’anno, da ricevere direttamente a domicilio!