Nei primi sei mesi del 2017, le rilevazioni sul consumo alimentare degli italiani condotte dall’Ismea Nielsen e analizzate da Coldiretti, hanno fatto registrare un aumento del 2,5% rispetto al 2016, stabilendo il record degli ultimi dieci anni e confermando una tendenza costante alla ripresa economica che si era già avviata nel 2014.

Caduta e ripresa economica

Nel 2013 la spesa mensile degli italiani era diminuita su quasi tutti i fronti: la casa, l’abbigliamento, la sanità, l’istruzione, i tabacchi, il tempo libero e la cultura. La regione che spendeva di più era il Trentino-Alto Adige, con particolare riferimento alla provincia di Bolzano, quella che spendeva di meno la Sicilia. L’unico settore a rimanere sostanzialmente stabile fu quello degli alimentari, dove però gli analisti evidenziarono il ricorso da parte delle famiglie ad alcune strategie di contenimento della spesa come la scoperta degli hard discount, che solo nell’ultimo anno avevano aumentato la loro clientela del 2%.

A partire dal 2014 non solo i consumi hanno ripreso a crescere, ma è cominciato a diminuire il divario tra l’Italia settentrionale e l’Italia meridionale. Così, il gap della spesa mensile tra i valori più elevati del Nord-Ovest e i valori più bassi delle isole, è passato per esempio dai 945 euro del 2015 agli 897 euro del 2016. Le famiglie composte da persone nate fuori dall’Italia, intanto, hanno continuato a spendere 1.000 euro in meno rispetto alle famiglie di soli italiani, destinando al cibo e alla casa il 50% delle loro entrate (rispetto al 29,2% riservato agli stessi beni dalle famiglie autoctone).

Cosa compriamo?

A giudicare dai dati relativi al 2016, inoltre, si direbbe che la crisi possa aver inciso anche sulle abitudini alimentari, dal momento che rispetto agli anni precedenti gli italiani spendono di più in pesce e frutta ma meno in carne. Rispetto al 2015 rimangono invece stabili le spese più tradizionali come quelle per la verdura, il pane, la pasta e i latticini. A conferma di una ripresa economica più complessiva, poi, andrà segnalato anche il lieve incremento nell’acquisto di abiti, scarpe e attività ricreative, le quali però tendono a creare un’ulteriore differenziazione territoriale, concentrandosi più nei centri urbani che nei piccoli comuni.

L’Istat registra infine che nello stesso passaggio dal 2015 al 2016, se la media della spesa non alimentare rimane complessivamente inalterata (82,3%), aumenta quella relativa ai servizi ricettivi e alla ristorazione, che passa dal 4,9 al 5,1%.

Passato, presente e futuro

Le ultime rilevazioni divulgate dall’Ismea Nielsen e analizzate da Coldiretti, quindi, quelle relative ai primi sei mesi del 2017, evidenziano un aumento del 2,5% della spesa per le bevande e il cibo che, pur inserendosi nel quadro più generale della ripresa economica, non indica soltanto un ritorno alle condizioni più favorevoli del passato, quando ancora non c’era la crisi, ma un’apertura degli italiani verso il futuro. Un futuro in cui diamo l’impressione di volerci addentrare con il più tipico amore per la moda, la pasta, il pane e i formaggi, ma pronti a modificare le nostre abitudini per mangiare sempre meglio, direttamente a casa come al ristorante.